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C’è un bel giardino nel mondo: fascismo e scuole rurali

  di Patrizia Vayola

le funzioni del maestro

Naturalmente il fascismo è consapevole che l'imposizione di testi unici di regime che puntassero alla propaganda non è sufficiente ad assicurare la diffusione delle sue parole d'ordine; questi devono perciò essere affiancati da istituzioni di marca spiccatamente fascista, come l'Ordine nazionale balilla, ma soprattutto devono essere sostenuti e rafforzati dall'opera di divulgazione dei maestri che diventano perciò un anello forte nella catena di trasmissione ideologica. Per questo motivo viene loro imposto, pena la decadenza dall'incarico, prima un giuramento di fedeltà al regime (nel 1929-31), poi, nel 1932, l'iscrizione obbligatoria al partito fascista.

Il maestro, come afferma Lombardo Radice in una circolare ministeriale del 1924, dovrà vincere tutte le difficoltà inerenti al suo ufficio di maestro di più classi (spesso si verificavano accorpamenti di classi che non raggiungevano, da sole, in numero necessario di iscritti), se saprà affermarsi come maestro del villaggio, più che della scuola sua, centro cioè di tutta la cultura paesana, guida spirituale di tutti in servizio per tutta la giornata, anche nelle ore in cui non fa propriamente lezione. Gli stessi concetti saranno ripresi e ampliati nella "Carta della scuola rurale" promulgata dal Bottai nel 1940 che ai primi quattro punti recita:

1. La scuola rurale non è il problema di una categoria sociale, ma il problema dell'intera Nazione, premessa, condizione e garanzia della sua tipica civiltà. Nell'unità del fatto pedagogico, la ruralità della scuola non poggia semplicemente su distinzioni statistiche, demografiche, topografiche, economiche, amministrative, ma su una funzione immanente nella cultura italiana, dei motivi originali della nostra civiltà.

2. Tutta la Scuola fascista e tutta la classe magistrale italiana, in qualunque luogo si dovrà svolgere la missione dei singoli, deve avere coscienza della fondamentale ruralità italiana. D'essa, i destinatari ad operare nelle campagne, dovranno approfondire elementi e dati psicologici e tecnici in una vera e propria didattica della scuola rurale. Non, quindi, due didattiche, ma una didattica che, sulla iniziativa degli insegnanti e sulla diversità dei programmi si ispiri alla diverse esigenze della società rurale.

3. La ruralità è motivo comune della preparazione dei maestri, di tutti i maestri; ma è motivo speciale nella preparazione dei maestri destinati alle campagne; perciò, scuole di magistero, situate in ambiente rurale, devono provvedere a tale e più approfondita preparazione.

4. Dal punto di vista organico, amministrativo ed economico, la classe magistrale è una; uno il suo livello, la sua dignità, la sua retribuzione. Alla diversa condizione di vita dalla città alla campagna deve far riscontro un complesso di provvidenze che corrisponde alla particolari esigenze morali dei maestri delle campagne.

Dunque il maestro di scuola rurale è considerato un soggetto estremamente importante, la cui funzione si deve estendere, come guida morale e politica della collettività, anche al di là del suo specifico ufficio e si riconosce anche che le condizioni in cui si troverà ad operare saranno più difficoltose e quindi necessitanti di particolari provvidenze; l'opera dei docenti di questa categoria deve essere particolarmente incentivata.
Ciò fa pensare che le cattedre delle scuole rurali non fossero particolarmente ambite e che di conseguenza l'obiettivo della ruralizzazione si scontrasse, oltre che con le tendenze della popolazione anche con le resistenze degli stessi maestri.

Il modello di vita cittadino ha in realtà già vinto, il fascismo infatti non riuscirà, pur con tutto il suo impegno, ad arginare l'emorragia di braccia verso i centri urbani e gli stessi docenti spesso considereranno l'incarico nella scuola rurale più come uno scotto da pagare all'inizio della carriera che una condizione stabile.

La retorica con cui ci si rivolge ai contadini quindi per molti aspetti simile a quella con cui si trattano i maestri. Si parla infatti, in un testo di didattica dedicato proprio agli insegnanti delle scuole rurali, "L'educazione rurale", scritto da Edoardo Predome nel 1938, dell'"azione.di amore vigilante ed illuminato" del maestro che deve " imparare a parlare con i contadini per vincere le molte loro riluttanze nel secondare i saggi provvedimenti governativi, a vincerne la diffidenza e la grettezza, adoperate spesso in proprio danno." Più avanti, sempre su questo tema si afferma:

Il maestro deve essere, fra tutti, il mezzo più poderoso per utilizzare e far fruttificare, nella pace e nel lavoro, i benefici della civiltà. La civiltà, in quello che ha di sostanzialmente buono, spiritualizza il lavoro, lo eleva a mezzo di conquista di beni più alti. Nel centro rurale il maestro preparato e innamorato del proprio ufficio, ricco di cultura e di fede, specchiato nei costumi, contento del proprio stato, è la sola persona che possa mettere in valore i nuovi mezzi di una vita più larga, creando intorno a sé una più viva coscienza e un più ricco sentimento nazionale e universale.
Si deve anzi dire che la stessa più complicata e molteplice funzione del maestro rurale lo libererà dai molti limiti ed impoverimenti della vita professionale. che, in ambienti più popolosi in cui vige la legge della divisione del lavoro e della specializzazione, tende a ingrettirsi nella tecnica miope e nella fatua superbia pedagogica. L'importanza che assume la scuola rurale deve conciliare i giovani maestri con se stessi, a sentire altamente la dignità del proprio ufficio e la poesia della campagna, nella quale attendono ad un'opera apprezzata e onorata nella misura della sua utilità e dell'amore zelante che vi mettono coloro che vi sono destinati
.

Per assolvere a questa sua "alta funzione", il maestro, che si trova tra l'altro ad operare in condizioni precarie a causa della povertà di strutture e di mezzi a sua disposizione, giacché pochi sono gli stanziamenti per le scuole rurali, dovrà muoversi in due direzioni.

Egli dovrà, infatti, piegare il programma di insegnamento alle caratteristiche particolari della sua utenza.
Per quanto riguarda la storia cercherà, perciò, sempre secondo il Predome, di evidenziare la partecipazione silenziosa e tenace della operosità agraria alla vita della Nazione" a partire dalla Roma repubblicana di Cincinnato, per arrivare, attraverso i secoli, fino
allo sforzo fattivo dell'Italia unificata per potenziare la sua agricoltura, per tutti i suoi figli, per redimere la terra dalle paludi e dalla malaria, dalla povertà e dalla ignoranza, illuminando le menti dei piccoli rurali sull'azione di Mussolini, rurale e soldato, che ritrova le vie della fortuna nella redenzione agricola della terra e nel conquistare alla millenaria e poderosa agricoltura italiana nuove terre da fecondare e da incivilire." In questo modo sarà possibile glorificare ed esaltare la virtù agricola " affinché i giovanissimi rurali si sentano fieri di lavorare la terra.
P
er quanto riguarda la geografia, il maestro mirerà soprattutto a fornire strumenti che consentano di superare il regionalismo e il particolarismo radicato nell'animo dei contadini a favore di un più spiccato nazionalismo. Inoltre dovrà seguire con attenzione l'espansionismo coloniale italiano specialmente per quanto riguarda le possibilità agricole dei nuovi territori conquistati, infatti le informazioni raccolte interessano molto i rurali, che sono desiderosi di portare il lavoro italiano su terre lontane da fecondare e arricchire e che sono, del resto, inviati disciplinatamente a scaglioni per colonizzare l'Africa Orientale.
I
n ambito scientifico il programma dovrà puntare soprattutto a " mettere i fanciulli delle campagne in condizione di comprendere l'importanza e la dignità sociale e intellettuale della vita campagnola; e dar loro le conoscenze scientifiche fondamentali, presupposte dall'esercizio intelligente delle professioni rurali". Nell'educazione linguistica, poi, sarà necessario innanzitutto puntare al superamento del dialetto che si auspica di veder scomparire nel giro di qualche generazione a vantaggio della lingua nazionale. Inoltre bisognerà insegnare a comporre con correttezza ortografica e sintattica ma senza pretendere troppo poiché la vita rurale ha modeste esigenze in questo campo. Rispetto alle altre forme d'espressione, il canto e il disegno, il maestro dovrà tendere a migliorare le capacità dei ragazzi. Per quanto riguarda il primo aspetto, "ingentilendo" il canto campagnolo, infatti " sull'aia o nel bosco si canta a squarciagola e spesso si odono per le campagne le belle canzoni patriottiche d'Italia tropp ruralizzate e quindi sciupate".

L'obiettivo dell'insegnamento artistico invece deve essere quello di stimolare, attraverso l'osservazione, l'inventiva in modo da rinnovare anche la produzione artigianale che tende solitamente alla riproposizione di motivi consolidati dalla tradizione e dal folklore.

Infine, nello studio della religione si dovrà soprattutto illustrare con molto studio il Vangelo, che è sostanziato di ruralità e di semplice poesia, profondamente adatto allo spirito dei campagnoli. La religione sia vincolo di amore tra la famiglia e la scuola e serva quale mezzo di alta suggestione morale per confermare nei rurali la fede nel loro lavoro, la saggezza e la semplicità del loro costume, la pazienza e la speranza.

Come si vede, dunque, non solo il taglio dei libri di lettura ma anche la scelta dei contenuti e gli obiettivi del programma, per lo meno nell'interpretazione che ne fa il Predome e che, del resto, è in consonanza con le tesi espresse dal Bottai e più volte riprese negli Atti del convegno dell'istruzione agraria di Palermo, sono volti, oltre che alla propaganda fascista, allo scopo di consolidare il contadino al suo ruolo sociale; infatti non solo gli argomenti sono calibrati, in modo strettamente funzionale, sui suoi presunti interessi e sulle supposte capacità e incapacità, ma si evita anche di fornirgli quelle conoscenze e quelle nozioni che esulano dalla sua possibile esperienza futura, nel tentativo di evitare così che egli possa fare scelte di vita diverse da quelle che il regime desidera e si auspica.

Ma un altro compito, ben più delicato attiene al maestro rurale, egli dovrà infatti essere un buon intermediario culturale e soprattutto politico e, al fine di essere in grado di svolgere questa funzione, dovrà studiare per conoscere quella vita rurale che gli è culturalmente estranea; dunque si dà per scontato che l'insegnante provenga da un ambiente diverso: il mondo contadino non può produrre maestri. Per lui quindi sarà necessario uno sforzo di comprensione per cogliere la poesia profonda che è nella vita laboriosa, nella spiritualità, nella saggezza umana che riscattano lo sforzo, il dolore, la miseria e sublimano in alta religiosità la dura fatica dei campi. Occorrono l'animo buono e il giudizio sereno per studiare il popolo rurale e per capirlo. E' necessario inserirsi nel borgo contadino con consapevolezza, fino a diventare, per i rurali, non un elemento estraneo ma un punto di riferimento autorevole.

Interessante è anche l'uso che di questo acquisito prestigio il Predome propone. Egli infatti avverte che, dimesso l'orgoglio della nostra educazione cittadina e scientifica, non è necessario scendere fino all'ammirazione esagerata del pittoresco folcloristico e della grossolanità e illogicità di tanti aspetti del mondo contadinesco. (..) La religione, come l'igiene, come l'arte del popolo devono essere conosciute per quello che sono ed apprezzate per il bene che operano in relazione alla mentalità che le determina; ma non possono e non devono essere ammirate; devono, anzi, quando siano conosciute, determinare correttivi prudenti e avvedute purificazioni.

Dalla presentazione di queste due funzioni del maestro, quella didattica e quella sociale e politica, emerge reale considerazione in cui il regime tiene il mondo contadino: è una realtà indispensabile che, secondo la progettazione economica fascista, deve essere potenziata e sostenuta; costituisce anche, per i suoi atteggiamenti conservativi, un baluardo di stabilità e d'ordine. E' quindi utile, necessaria ma, nello stesso tempo, estranea, lontana e in qualche misura incomprensibile, o meglio sostanzialmente disistimata, al di là dei vuoti esercizi retorici della propaganda. Il fascismo, non diverso in questo dai sistemi politici che l'hanno preceduto e anche seguito, non attribuisce alcun valore intrinseco alla cultura e alla tradizione contadina, non la percepisce se come differenza in negativo, come carenza di conoscenze e di capacità interpretative della realtà e soltanto cerca di utilizzarla per i suoi fini. Inconsapevole però del fatto che questa estraneità grossolanamente mascherata è però percepita chiaramente dagli stessi contadini e anche dai quei bambini cui si tenta di raccontare la bellezza e la poeticità di quel lavoro di cui conoscono per esperienza la fatica e gli stenti.

Il fascismo perciò non si radicherà nella coscienza del mondo rurale.