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grano
Un altro argomento molto sfruttato nei testi presi in esame è quello legato, implicitamente o esplicitamente, alla cosiddetta "battaglia del grano". In tutti i libri, prima o poi, troviamo l'esaltazione della spiga e del pane, in ogni libro si riproducono le parole del Duce sulla necessità di amare, rispettare, onorare e risparmiare il pane. Nel libro della terza classe elementare del 1930, un padre parla al figlio e ai suoi compagni di scuola della spiga di grano: Guai a chi di voi si permette di pestare una sola spiga, perché il grano è fra i sacri prodotti della natura il più sacro. -Perché babbo?-domandò Sergio. -Perché è il primo cibo dell'uomo: il cibo del povero e del ricco, dell'umile e del superbo: è un nutrimento sano, modesto e nello stesso tempo preziosissimo. (..) Guardate com'è bella (la spiga) nella sua umiltà! Dalla sua infiorescenza sono sbocciati tutti quei piccoli semi raggruppati, turgidi, ricoperti di una leggera membrana che si chiama pula: questi semi sono le gloriose mammelle dell'umanità. Guardate come è umile, questa spiga nella sua eterna gloria. Non è appariscente, superba come quei rossi papaveri che vediamo fiammeggiare in quella piccola valle. No. Per notare la sua perfezione e la sua modesta e grande bellezza bisogna guardarla molto da vicino. Come del resto, ragazzi miei, bisogna guardare molto da vicino per comprendere ciò che è veramente bello e ciò che è veramente grande. Sempre nello stesso testo leggiamo la seguente risposta del padre a un ragazzo che gli chiede se è vero che l'Italia, pur essendo un paese agricolo sia costretta ad importare grano dai paesi stranieri: -Sì, ma per pochi anni ancora,perché con una savia e paterna politica il Duce ha dato un grande impulso alla coltivazione di questo indispensabile cereale, e ha stabilito premi, ricompense ai più bravi agricoltori, ha fatto loro insegnare quali sono i metodi più adatti per una produzione più intensa, insomma ha dato modo che il meraviglioso istinto dell'agricoltore italiano, l'antico fervido amorevole e instancabile agricoltore italico, si risvegliasse con tutta la sua forza e la sua intelligenza. A questo discorso è ovviamente legato il tema dell'autarchia che, in un epoca in cui l'economia aveva già assunto dimensioni mondiali di interdipendenza tra i vari paesi alle quali era tanto impossibile quanto inutile sottrarsi, viene invece presentato come moto di orgoglio del popolo italiano contro gli atteggiamenti ostili delle grandi potenze timorose della rinata grandezza italica. Questa autonomia produttiva rimare peraltro una vuota parola d'ordine, destinata soltanto a rafforzare il nazionalismo del regime. Ecco infatti come viene presentata nel testo, già citato, "L'aratro e la spada": E' una guerra anche questa, una guerra che va combattuta con la stessa disciplina e la stessa fede con cui si combatte un nemico in armi. E l'Italia sta combattendo senza tentennamenti. I contadini mettono la terra in condizione di aumentare i suoi prodotti, gli scienziati escogitano il modo di sfruttare il più possibile quei prodotti, gl'industriali li lavorano e li gettano sul mercato, al posto di quelli che prima venivano dall'estero. Nuove officine e nuovi laboratori si vedono sorgere oggi dovunque, per dar lavoro ad un numero sempre maggiore di operai e per produrre tutto quel che ci serve, comprese le armi atte a difendere il frutto delle nostre fatiche, comprese le navi necessarie a far buona guardia sui nostri mari e tanti tanti aeroplani da oscurare il sole. |