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Alberto De Bernardi, Le rilevanze storiografiche del '900

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2. IL SECOLO DEL GUERRE "TOTALI"

Seconda rilevanza: il Novecento come secolo di guerre, nel quale cioè la guerra è un elemento centrale. Ciò significa che la prima e la seconda guerra mondiale e la guerra fredda sono tre capisaldi da vedere unitariamente, perché sono unite da alcuni elementi di fondo. II primo di questi elementi di fondo è il passaggio delle relazioni internazionali da un sistema multipolare eurocentrico a un sistema bipolare mondializzato. La prima guerra mondiale, come tutti raccontano, è il risultato della crisi dei principi di equilibrio tra gli stati dell'Ottocento, costruiti dall'ultimo grande genio della politica ottocentesca, Bismarck. Questa guerra, effetto di una torsione dei rapporti internazionali, ha a sua volta come effetto un disequilibrio che, assieme ad altri fattori, produce la seconda guerra mondiale; quest'ultima, invece, definisce un nuovo equilibrio nelle relazioni internazionali. In tale equilibrio l'Europa non è più il centro del mondo, ma la periferia di due imperi non più regionali ma mondiali. Allora queste tre guerre vanno insegnate insieme, e sono fondamentali perché definiscono l'evoluzione dell'ordine internazionale. La messa in crisi di questo ordine, com'è noto, si ha con la fine della Guerra fredda, che termina quando uno dei due contendenti "si arrende", ovvero quando non ha più le energie economiche, militari, morali, culturali per tenere insieme la sua zona d'influenza: in sintesi, quando l'URSS non è più una potenza mondiale. Ecco allora che la crisi del comunismo comincia ad assumere una sua prospettiva, perché dentro le guerre matura un'altra caratteristica del nostro secolo, quello di essere il secolo delle ideologie. Infatti le guerre del XX secolo non sono guerre fondate su una logica di spartizione territoriale, mentre tutte le guerre fino all'Ottocento avevano questo principio: io vinco e mi prendo un pezzo del tuo territorio e lo metto nella mia corona, insomma un residuato di una concezione feudale del possesso del suolo: la terra è del re, e le guerre servono ad aumentare le terre del re. Questo valeva fino alla rivoluzione francese (dopo la quale non ci furono più guerre importanti tra le grandi potenze per un secolo), e le guerre di successione settecentesche ne furono il massimo esempio. Ma la conseguenza di quel modo di fare la guerra era che i contendenti dovevano sopravvivere; ovvero che i sovrani, tra l'altro tutti imparentati tra loro, si rispettavano a vicenda, per cui le guerre non finivano per esaurimento dei contendenti, ma quando era raggiunto l'obiettivo territoriale che ci si era posti. Le guerre del XX secolo invece hanno come fine la distruzione dell'avversario: ecco perché sono terribilmente sanguinarie e non finiscono che con la scomparsa fisica del nemico. L'esempio massimo di questo è la guerra fredda, che finisce quando uno dei due nemici scompare dalla carta geografica, e infatti l'URSS non c'è più; analogamente, la seconda guerra mondiale finisce solo quando nazismo e fascismo scompaiono, e la stessa Germania, come luogo fisico del nazismo, scompare, nel senso che viene spartita e divisa in due stati diversi e appartenenti a due campi ideologici ed economici opposti. Questo perché sono guerre ideologiche, per cui l'avversario è portatore di una ideologia che deve essere distrutta. Quindi sono guerre che hanno al centro, nel caso della prima guerra mondiale, lo scontro tra la democrazia e gli ultimi residui dell'assolutismo d'antico regime; nel caso della seconda guerra mondiale, lo scontro tra le democrazie e il fascismo; nel caso della guerra fredda, quello tra la liberal-democrazia e il comunismo.


 

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