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UN DOCUMENTO
SERIALE
Non c'è dubbio infatti che la
fotografia è una forma di conoscenza umana, ma dobbiamo chiederci quale
conoscenza. Il paradigma conoscitivo che si basa sulla visione di una realtà
frammentata in una quantità di immagini di tipo seriale, che serializzano
anche gli avvenimenti sottraendoli a gerarchie di valore, sta sostituendo
un paradigma basato sullo scorrere e concatenarsi degli eventi all'interno
di una struttura interpretativa unitaria che ne fornisca le chiavi di
lettura. Un modello quantitativo-seriale sta sostituendo il modello
narrativo dei fatti; ma mentre la narrazione contiene una logica implicita,
che è anche la base della formazione temporale, l'avvenimento seriale non
ha legami prima-dopo, causa-effetto ricostruibili attraverso operazioni
logiche; ciò contribuisce dunque alla perdita di capacità di collegamento
e di contestualizzazione dell'avvenimento. Lo scorrere del tempo viene
appiattito nell'opposizione prima/dopo, una volta/adesso, dove si perdono
di vista le relazioni necessarie per comprendere i cambiamenti e la
complessità dei tempi.
La fotografia dunque per essere documento per la storia deve poter essere
ricontestualizzata e ricondotta all'interno del processo. Occorre partire
dalla sua relatività e poi costruire dei sistemi di relazioni e attivarli
con operazioni che permettano di ricavare informazioni il più possibile
interrelate e fornire chiavi di lettura; operazioni che riguardano quindi
non solo il singolo "testo", ma il rapporto tra testi diversi e
tra testo e contesto. Come per le altre fonti non la singola immagine, ma
un insieme di immagini fotografiche è documento per lo storico. E' nella
serie infatti, nell'analisi quantitativa, che si possono cogliere elementi
qualitativi relativi al perdurare di convenzionalità e alle loro rotture,
ricostruire i tempi dell'immagine e metterli in relazione con i tempi delle
durate e dei mutamenti. Per la sua natura di immagine riproducibile
all'infinito, per la sua diffusione e popolarità, l'immagine fotografica
è fortemente connotata di elementi sociali, collettivi (linguaggio del
rito e del mito, del consenso e dell'immaginario, individuale e
collettivo), nell'analisi dei quali è il dato quantitativo che produce
informazione originale.
Prendiamo, per fare un esempio, la gran quantità di fotografie e cartoline
postali con immagini di donne nere nel periodo dell'impresa coloniale
italiana in Africa: proprio la quantità permette di rilevare l'uniformità
dello sguardo rivolto alla donna nera, la costruzione di stereotipi visivi
che poi condizionano il modo stesso di vedere e vivere le cose. Una
conferma di questo possiamo trovarla anche negli archivi familiari: in
archivi diversi vi sono immagini simili o uguali, per modalità di
rappresentazione, che ci danno la misura di come il vissuto individuale sia
intessuto di elementi collettivi che rimandano a rituali sociali e a miti
generazionali. Molte risposte alle domande emerse dalla lettura della
fotografia si trovano dunque al suo esterno, non al suo interno: essa
rimanda alle altre fotografie dello stesso genere e della stessa epoca,
alla tecnica e all'industria fotografica, ai committenti e ai destinatari.
Raramente un'immagine fotografica contiene tutte le informazioni necessarie
a una sua contestualizzazione (data, luogo, autore, occasione,
committente). Bisogna ricorrere ad altre fonti, scritte e orali, a
testimonianze di persone che, direttamente o indirettamente, hanno una
qualche relazione con la fotografia.
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