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Maria Teresa Sega, La storia scritta con la luce. La fotografia come fonte  

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OLTRE LA FOTO, IL RACCONTO

L'importanza della fonte scritta e orale va però al di là della semplice compilazione di una scheda. E' l'intreccio di queste fonti che le arricchisce reciprocamente e dà alla ricerca apporti interessanti che derivano dall'integrazione delle informazioni, dalla comparazione di punti di vista e di linguaggi diversi. Esso permette inoltre di tradurre l'immagine in racconto. Con questo non si vuol affermare che l'immagine da sola non sia eloquente. Già di per sé la percezione visiva è attività cognitiva, poiché "nella percezione della forma sta il germe della formazione dei contenuti", come afferma Rudolf Arnheim. Essa ci parla con un linguaggio diretto, immediato, non mediato dalla ragione, simbolico-intuitivo. Proprio perché può essere consumata senza fare riferimento a un codice esplicito, l'immagine ha sempre rappresentato un linguaggio popolare e universale. Ma per farla diventare documento, per farla parlare non solo alla nostra intuizione, alla nostra emotività, occorre passare a una decodifica di ciò che connota e renderla comunicabile attraverso l'uso di un linguaggio inter-soggettivo. Occorre quindi sottoporla a una serie di operazioni che consistono nel porle delle domande e tradurre le risposte in discorso verbale possibile però solo in parte; recuperare insomma l'immagine alla comunicazione inter-soggettiva, la documentazione dell'evento alla sua trasmissione.
È utile forse confrontare la fonte fotografica con altre fonti e le relative categorie d'analisi.
In relazione al documento scritto abbiamo già visto come sia sostanzialmente diverso il tipo di approccio: a questo viene attribuita una autonomia che il documento fotografico non possiede, dal momento che la sua decodifica richiede l'intervento di altre fonti. La fotografia possiede invece affinità con la fonte orale, nel senso che entrambe mettono in discussione criteri di analisi basati sull'oggettività e portano a spostare l'accento sulla soggettività della ricerca, sul rapporto tra ricercatore e costruzione del documento. Entrambe inoltre contengono un intreccio di individuale e collettivo e rimandano perciò, oltre che a vissuti personali, a mentalità collettive.
Il piano delle mentalità, individuali e collettive, presenta delle analogie anche con altri prodotti culturali quali la letteratura, il cinema, le arti figurative. Al di là della specificità linguistica questi prodotti possono essere analizzati in una prospettiva storica come sistemi di rappresentazione-autorappresentazione di una determinata società ed epoca. Ma allora la ricerca storica diventa un approccio globale che prende in considerazione tutti i piani e gli aspetti della società, li intreccia tra loro e trova in questa interrelazione le reciproche spiegazioni. Storia diventa scienza globale della società: antropologia storica o storia antropologica in cui la prospettiva strutturale si intreccia con quella diacronica, il reale con l'immaginario, il concreto con il simbolico.
Gli strumenti metodologici più utili all'analisi del documento fotografico ci vengono dallo studio dell'immagine ed in particolare da quella corrente di pensiero (scuola warburghiana) che vede nell'immagine figurativa, così come si potrebbe affermare per ogni immagine o modello, la traduzione di un contenuto mentale: un'operazione metaforica, metonimica o simbolica che crea immagini per esprimere contenuti mentali. Si può partire dunque dalle prime per risalire ai secondi.
Questo significa "leggere" un'immagine fotografica non solo per il contenuto che rimanda a una realtà effettuale, ma anche per i suoi contenuti formali che quella realtà strutturano e che rimandano a modelli preesistenti e codificati. Per comprendere e decodificare un'immagine occorre fare riferimento alle sue preesistenze in altre immagini, nei testi scritti, nella tradizione orale. Così per la fotografia: in quanto forma di rappresentazione, e quindi di pensiero, essa rimanda alle articolazioni sincroniche e diacroniche in cui è venuta a cristallizzarsi, a stereotiparsi, ad assumere caratteristiche che denotano, agli occhi dell'esperto, un'epoca. un autore, un genere e permettono di porre in relazione le immagini con le ideologie che le ispirano, non solo sul piano delle scelte di contenuto, ma anche sul piano delle scelte formali.
Per capire il ritratto fotografico dell'Ottocento occorre metterlo in relazione con il ritratto pittorico dei secoli precedenti, Così come i generi fotografici rimandano spesso ai generi pittorici (si pensi alla continuità tra realismo pittorico e realismo fotografico). Appare chiaro quindi, per tornare alla domanda di partenza, che la fotografia nel suo insieme, oltre che per la storia dell'illustrazione alla quale si collega, è fonte soprattutto per la storia della cultura, della mentalità, dell'immaginario collettivo.
Ma prendendo in considerazione la fotografia di avvenimenti storici, la fotografia di guerra ad esempio, essa è solo il tramite attraverso il quale il fatto storico diventa immaginario storico, il documento monumento cui affidare la memoria? O essa può contribuire in modo originale e specifico alla conoscenza del fatto? Fin dagli esordi la fotografia viene usata come strumento di documentazione del fatto storico, ma occorrerà attendere che il progresso sul piano tecnico (diminuzione dei tempi di posa, attrezzatura portatile, negativo avvolgibile) permetta la ripresa diretta del fatto, nel momento stesso in cui accade: è questa la vera rivoluzione operata dalla fotografia rispetto alle tecniche di documentazione visiva precedenti.



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