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OLTRE LA FOTO,
IL RACCONTO
L'importanza della fonte
scritta e orale va però al di là della semplice compilazione di una
scheda. E' l'intreccio di queste fonti che le arricchisce reciprocamente e
dà alla ricerca apporti interessanti che derivano dall'integrazione delle
informazioni, dalla comparazione di punti di vista e di linguaggi diversi.
Esso permette inoltre di tradurre l'immagine in racconto. Con questo non si
vuol affermare che l'immagine da sola non sia eloquente. Già di per sé la
percezione visiva è attività cognitiva, poiché "nella percezione
della forma sta il germe della formazione dei contenuti", come afferma
Rudolf Arnheim. Essa ci parla con un linguaggio diretto, immediato, non
mediato dalla ragione, simbolico-intuitivo. Proprio perché può essere
consumata senza fare riferimento a un codice esplicito, l'immagine ha
sempre rappresentato un linguaggio popolare e universale. Ma per farla
diventare documento, per farla parlare non solo alla nostra intuizione,
alla nostra emotività, occorre passare a una decodifica di ciò che
connota e renderla comunicabile attraverso l'uso di un linguaggio
inter-soggettivo. Occorre quindi sottoporla a una serie di operazioni che
consistono nel porle delle domande e tradurre le risposte in discorso
verbale possibile però solo in parte; recuperare insomma l'immagine alla
comunicazione inter-soggettiva, la documentazione dell'evento alla sua
trasmissione.
È utile forse confrontare la fonte fotografica con altre fonti e le
relative categorie d'analisi.
In relazione al documento scritto abbiamo già visto come sia
sostanzialmente diverso il tipo di approccio: a questo viene attribuita una
autonomia che il documento fotografico non possiede, dal momento che la sua
decodifica richiede l'intervento di altre fonti. La fotografia possiede
invece affinità con la fonte orale, nel senso che entrambe mettono in
discussione criteri di analisi basati sull'oggettività e portano a
spostare l'accento sulla soggettività della ricerca, sul rapporto tra
ricercatore e costruzione del documento. Entrambe inoltre contengono un
intreccio di individuale e collettivo e rimandano perciò, oltre che a
vissuti personali, a mentalità collettive.
Il piano delle mentalità, individuali e collettive, presenta delle
analogie anche con altri prodotti culturali quali la letteratura, il
cinema, le arti figurative. Al di là della specificità linguistica questi
prodotti possono essere analizzati in una prospettiva storica come sistemi
di rappresentazione-autorappresentazione di una determinata società ed
epoca. Ma allora la ricerca storica diventa un approccio globale che prende
in considerazione tutti i piani e gli aspetti della società, li intreccia
tra loro e trova in questa interrelazione le reciproche spiegazioni. Storia
diventa scienza globale della società: antropologia storica o storia
antropologica in cui la prospettiva strutturale si intreccia con quella
diacronica, il reale con l'immaginario, il concreto con il simbolico.
Gli strumenti metodologici più utili all'analisi del documento fotografico
ci vengono dallo studio dell'immagine ed in particolare da quella corrente
di pensiero (scuola warburghiana) che vede nell'immagine figurativa, così
come si potrebbe affermare per ogni immagine o modello, la traduzione di un
contenuto mentale: un'operazione metaforica, metonimica o simbolica che
crea immagini per esprimere contenuti mentali. Si può partire dunque dalle
prime per risalire ai secondi.
Questo significa "leggere" un'immagine fotografica non solo per
il contenuto che rimanda a una realtà effettuale, ma anche per i suoi
contenuti formali che quella realtà strutturano e che rimandano a modelli
preesistenti e codificati. Per comprendere e decodificare un'immagine
occorre fare riferimento alle sue preesistenze in altre immagini, nei testi
scritti, nella tradizione orale. Così per la fotografia: in quanto forma
di rappresentazione, e quindi di pensiero, essa rimanda alle articolazioni
sincroniche e diacroniche in cui è venuta a cristallizzarsi, a
stereotiparsi, ad assumere caratteristiche che denotano, agli occhi
dell'esperto, un'epoca. un autore, un genere e permettono di porre in
relazione le immagini con le ideologie che le ispirano, non solo sul piano
delle scelte di contenuto, ma anche sul piano delle scelte formali.
Per capire il ritratto fotografico dell'Ottocento occorre metterlo in
relazione con il ritratto pittorico dei secoli precedenti, Così come i
generi fotografici rimandano spesso ai generi pittorici (si pensi alla
continuità tra realismo pittorico e realismo fotografico). Appare chiaro
quindi, per tornare alla domanda di partenza, che la fotografia nel suo
insieme, oltre che per la storia dell'illustrazione alla quale si collega,
è fonte soprattutto per la storia della cultura, della mentalità,
dell'immaginario collettivo.
Ma prendendo in considerazione la fotografia di avvenimenti storici, la
fotografia di guerra ad esempio, essa è solo il tramite attraverso il
quale il fatto storico diventa immaginario storico, il documento monumento
cui affidare la memoria? O essa può contribuire in modo originale e
specifico alla conoscenza del fatto? Fin dagli esordi la fotografia viene
usata come strumento di documentazione del fatto storico, ma occorrerà
attendere che il progresso sul piano tecnico (diminuzione dei tempi di
posa, attrezzatura portatile, negativo avvolgibile) permetta la ripresa
diretta del fatto, nel momento stesso in cui accade: è questa la vera
rivoluzione operata dalla fotografia rispetto alle tecniche di
documentazione visiva precedenti.
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