|
I MATERIALI
Se, come si è già detto,
il prodotto di ogni unità di lavoro non è un determinato
oggetto dellapprendimento ma la formazione di una parte almeno di
quellabito mentale che si chiama in genere "senso storico", e che altro
non è che lattitudine a leggere storicamente i dati dell
esperienza, allora i materiali di lavoro sono molteplici. Non si esercita
unattitudine come quella che vorremmo formare solo sui libri, o solo
ascoltando linsegnante o solo visitando musei, o guardando filmati.
La storia è intorno a noi, come dice una canzone, siamo noi. E dunque,
i materiali in cui sono incorporate tracce di storia sono infiniti. Non possiamo
usarli tutti, ma costruire un percorso su un solo tipo di essi significa
depotenziare la didattica del laboratorio.
Un buon percorso riesce ad utilizzare,
in relazione ad un singolo tema, diversi approcci. Pensiamo alla musica,
un linguaggio che per i giovani è ormai un elemento di comunicazione
senza barriere né appartenenze ma anche così inserito nella
loro dimensione quotidiana da rischiare di diventare un rumore di sottofondo
del vivere, senza di cui non sono nemmeno capaci di concentrarsi. La scuola
ignora la musica, ne ignora le capacità comunicative, ne ignora, e
ciò è grave soprattutto per coloro che intendono la didattica
come rilevanza dei contenuti, la funzione culturale. Un laboratorio di storia
è invece pieno di musica; la usa in sottofondo quando i ragazzi sono
concentrati a lavorare individualmente o soprattutto in gruppo: in questo
caso, scegliendo un volume opportuno, si ottiene anche il risultato di far
regolare le voci, che altrimenti tendono a crescere in reciproca competizione.
Naturalmente si tratta di musica che entra a pieno titolo nel tema che si
sta tramando, per le sue origini, o per atmosfera che
evoca.
Oppure la usa per sottolineare rilevanze:
non sarebbe uno stimolo alla riflessione far ascoltare in sequenza, per
affrontare il tema di questa ingarbugliata svolta storica, "Bandiera rossa"
e l'inno di Forza Italia? E ancora la usa come documento: quanti fanno ascoltare
la "Marsigliese" presentando fonti relative alla Rivoluzione Francese'? E
come si può fare intercultura senza ascoltare le musiche di terre
lontane?
Oppure gli oggetti: ogni casa, in fondo,
conserva un piccolo archivio privato nei bauli o negli album di fotografie.
Spesso, in uno sfondo campagnolo, in cui si individua una zona ormai altamente
urbanizzata, possiamo cogliere quelle cose difficili da spiegare con le parole
e che Braaudel chiamava "lunga durata" e "rottura epocale"; le pagelle fasciste,
decorale da aquile imperiali, insigne littorie, cartine del "Mare Nostrum",
dicono di più di tante pagine del manuale.
I film: se ne possono usare brevi sequenze,
o brani più lunghi, o si possono guardare per intero, sia di finzione
sia documentari. Ma in ogni caso vedere un film in laboratorio non è
la stessa cosa che porsi passivamente davanti alla televisione, o nel buio
di una sala cinematografica, si possono praticare diverse sinergie di lettura,
dal gioco vivace del ''questo c'è ancora e questo non c'è
più", che allena l'occhio a cogliere le persistenze ed i
mulamenti,
alla più difficile individuazione del doppio significato del
rappresentante e del rappresentato, alla selezione degli elementi di confronto
con linee di discorso affrontate per altre vie. L'uso del cinema in laboratorio
può essere valutato secondo aspetti diversi. C'è quello
strettamente didattico, che indica una strada da percorrere nella integrazione
tra parola scritta ed immagine; c'è quello prevalentemente storiografico,
che nell'azione del filmare trova spesso un alleato-nemico, di cui deve tenere
sempre più conto; cè quello formativo che deve saper
indicare per quanto possibile, le regole del gioco di riflessione reciproca
tra storia e rappresentazione.
E cè ancora la voce umana
registrata dal vero nei documenti storici, o ancora radiografata per dare
anima a pagine del passato (che fatica trovare un accento autenticamente
napoletano per far sentire i discorsi dei capo - lazzaro giacobino - Michele
o Pazzo), o aspettata, richiesta, non più imposta, per narrare
cose che ritrovano il calore della comunicazione autentica, documento essa
stessa dei ricordi, delle memorie, del vissuto.
Ci sono i "documenti freddi" :
statistiche, tabelle, rilevazioni di dati, elementi quantitativi del conoscere.
Molto si è discusso nel passato sul rapporto fra "storia quantitativa"
e "storia qualitativa" : nel laboratorio ciò non ha senso. Inseriti
in un percorso che utilizza vari tipi di informazione, i dati servono per
comporre i contorni di un quadro, per rivelarne le dimensioni, ma svelano
anche, quando se ne fa lanalisi, sia lambiguità che si
annida spesso nella loro natura scientifica, sia la razionalità che
permette di governare le informazioni.
E infine ci sono, naturalmente i materiali
di stampa. Riproduzioni, mappe, giornali e libri: tanti, di tutti i tipi.
Perfino i manuali scolastici.
La variabilità e la diversità
degli strumenti ha uno scopo didattico molto preciso : gli studenti
devono imparare, come i cercatori doro, a cogliere le tracce che rivelano
il passato dovunque posino locchio, fino a percepirlo in loro stessi,
nelle loro vite, per comprendere con chiarezza dove comincia il loro futuro.
Ma devono anche imparare come possano comporsi elementi sparsi in un quadro
di storia fino ad assumere un senso.
Per questo talvolta, un po scherzando
un po sul serio, affermo che il laboratorio o è un luogo "ad
alta intensità didattica" o non è.
|
Il nuovo
curricolo di storia
di Antonio Brusa
I giovani
e il senso del tempo. La storia del '900 a
scuola
di Laurana
Lajolo
Progetti
per imparare la storia del '900: il laboratorio di didattica della
storia
di Laurana
Lajolo
Il
laboratorio e la sua polisemia
di Mario
Pinotti
Bibliografia di base per la
costruzione del Laboratorio di storia
a cura di Maurizio Gusso
WebLab900
Per un uso didattico della storia del territorio
di Dino Renato
Nardelli
|