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Per affrontare il problema del perché
e come insegnare la storia contemporanea mi pare utile partire dai due soggetti
dell'insegnamento/apprendimento che sono diretti testimoni del loro tempo,
ma appartengono a generazioni diverse con differenziati intrecci tra le loro
biografie e la storia.
GLI STUDENTI E LA STORIA
Il dato preliminare con cui ci si deve
confrontare è la scarsa motivazione degli studenti verso la materia,
come evidenziano alcune ricerche che sono state condotte sul rapporto tra
i giovani e la storia. La ragione principale di questo atteggiamento così
diffuso pare sia che le nuove generazioni sono deprivate della memoria del
passato e rimangono appiattite su un presente destoricizzato.
Ci sono evidenti ragioni politiche, ideologiche e culturali che inducono,
nelle nuove generazioni, la perdita di senso della storia Ci sono abitudini
di vita che confermano questo dato: il passaggio interrotto di memoria familiaree
collettiva tra generazioni produce inevitabilmente la rottura dell'interrelazione
necessaria e ineludibile tra passato e presente.
Antonio Calvani ipotizza, già nell'87, che i fattori responsabili
di un cattivo rapporto tra i giovani e la storia siano sostanzialmente i
seguenti: una scarsa significatività dell'apprendimento storico-sociale
per gli studenti; la povertà di attenzione e di motivazione nel
comprendere circostanze e fattori storico-ambientali specifici; l'insufficiente
attenzione posta dalla scuola ai sistemi di conoscenza che l'alunno già
possiede, in quanto riferimenti utili per le nuove acquisizioni.XXIn sostanza
la scuola si basa su programmi con un'articolazione cronologicamente rigida,
scandita annualmente da confini epocali, e ancora basata esclusivamente sulla
successione sequenziale degli eventi. Non propone la pluralità dei
piani del discorso storico non presenta un'informazione aperta agli aspetti
operativi dell'apprendimento e. infine, utilizza testi scolastici di cattiva
leggibilità. (A. Calvani 1987).
Alessandro Cavalli, nell'introduzione alla ricerca sui giovani e la storia
(1995), sottolinea come le generazioni precedenti (quelle dei genitori e
dei docenti) abbiano attraversato un processo di socializzazione politica
e quindi. abbiano elaborato un loro tempo della storia. Esse hanno vissuto
esperienze politiche, enucleando valori e categorie interpretative ed esprimendo
aspirazioni rivolte al futuro; hanno, contestualmente, attraversato eventi
decisivi per la propria formazione con azioni soggettive che intendevano
intervenire nel tracciato storico.
Le generazioni più giovani, invece, separano nettamente la vita
individuale: dallo spazio politico, vivono al di fuori della storia, non
partecipano a scelte ideologiche marcate e non hanno occasione di essere
coinvolti in eventi decisivi. Il rifiuto di politicizzazione proviene dalla
fine del conflitto ideologico a livello :internazionale e nazionale, dall'assenza
di movimenti collettivi che aspirano al cambiamento futuro e dal disimpegno
politico della generazione immediatamente precedente. Anzi il confronto con
le aspirazioni politiche dei padri è spesso caratterizzato dalla delusione
e dal senso di sconfitta, propri di quella generazione.
Tutto ciò comporta, secondo Cavalli, che i giovani chiudano il loro
orizzonte temporale al presente, nutrendo oscuri sentimenti di insicurezza
e di precarietà verso il futuro. L'accelerazione dei cambiamenti nel
tempo presente diviene indecifrabile e imprevedibile, quindi non controllabile
dai soggetti individuali.
I ragazzi esprimono spesso questo senso di inquietudine, di isolamento
individuale, non solo di fronte a una storia gestita da un potere estraneo,
ma anche di fronte allo sviluppo tecnologico, di cui temono gli effetti
catastrofici sulla natura e quindi sulle loro vite. Essi separano il tempo
individuale, formato da tanti singoli segmenti, da quello collettivo così
come contrappongono il tempo naturale a quello sociale, non giungendo
all'elaborazione di un tempo sociale che, secondo la definizione di Cavalli,
è la regolamentazione temporale dell'ordinamento normativo della
società.
Per pensare il futuro è, al contrario, necessario, costruire il tempo,
intrecciando un tempo con l'altro, collegando il proprio presente con il
passato collettivo, riconoscendo il valore formativo del sapere storico.
Il compito della scuola è, quindi, quello di stabilire un rapporto
tra la condizione giovanile e la dimensione della storicità,
sostanzialmente partendo dal rapporto dei giovani con il tempo.
Cavalli individua tre dimensioni del tempo: il tempo della storia, che è
la capacità del soggetto di collocarsi all'interno del mondo storicamente
formato; il tempo biografico, che è il tempo della identità
individuale, vissuta come flusso di vita tra memorie del passato, ricol1oscimento
del presente e speranza del futuro. Infine, c'è il tempo quotidiano,
fatto dai segmenti delle azioni consuete.
L'ipotesi di Cavalli è che una consistente minoranza di giovani subisca
una destrutturazione temporale, cioè la frammentazione o l'assenza
della memoria storica, che provoca la crisi di identità, ovvero la
paura di progettare il :futuro e, di conseguenza il rinchiudersi in un presente
senza tempo.
Simonetta Tabboni, analizzando un comparto della ricerca coordinata da Cavalli,
afferma che la storia è assente dal vissuto e dall'immaginario dei
giovani, perché questa generazione vive in un contesto culturale
sfavorevole alla storia lo spazio dell'esperienza diretta in campo politico
è molto ridotto, se non inesistente; i cambiamenti sono troppo rapidi
per essere decodificati, anche quelli che riguardarlo direttamente i tempi
di vita dell'individuo; le tradizioni, come memoria generazionale di lungo
periodo, sono cancellate.
Ma la storia è assente anche dalla vita pubblica e risulta un mondo
assolutamente separato dalla vita quotidiana, senza significatività
per la coscienza individuale e collettiva. In un contesto così
semplificato, frammentario e impoverito della sua complessità diventa
molto difficile, non soltanto per i giovani ma anche per gli insegnanti,
stabilire i nessi per comprendere la realtà sociale, integrata nel
tempo storico.
Per le generazioni della guerra e della resistenza, ma anche per quelle degli
anni '60 e '70, in cui non vi era differenza tra privato e pubblico era possibile
l'identificazione dell'individuo con la storia, cioè il compiere azioni
con significanza storica. Le singole biografie risultavano frutto di una
scelta attiva, in stretta relazione con certi avvenimenti storici, con una
strutturazione soggettiva del tempo storico fino all'interpretazione ideologica
della storia.
I ragazzi di oggi invece rivendicano l'autonomia della loro vita dalla storia,
non provando curiosità per il passato storico, neppure per quello
famigliare. Del resto, nessuno trasmette più storia e/o storie tra
nonni-genitori e figli. (Tabboni, 1995).
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