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ANCHE L'OTTOCENTO DA
SMONTARE?
Si potrebbe
osservare che questa periodizzazione appare più complicata da gestire in
classe della precedente in quanto non spezza solo il Novecento, ma anche
il "lungo Ottocento": problema, questo, non marginale né sul
piano storiografico né su quello dei programmi scolastici. Però, poiché
nulla vieta di iniziare in quarta anziché in quinta la trattazione di
quello che diventa il "lungo Novecento spezzato", mi soffermerò
sul versante storiografico del problema.
A me pare che non solo questa
interpretazione, ma anche molte suggestioni offerte da Hobsbawm e dai
contributi di altri storici ci costringano a rivedere radicalmente
l'immagine consolidata dell’Ottocento, oltre alla sua unitarietà. Come
è noto, in tutti i manuali l’ottocento appare come il secolo che pone
fine all'"antico regime" e dà avvio alla contemporaneità: il
secolo dello stato-nazione, della rivoluzione industriale e della
questione sociale, delle grandi ideologie, del trionfo del liberalismo,
della mondializzazione della storia. Ora invece, sulla base dei nuovi
contributi storiografici, dovremmo spostare in avanti, alla seconda metà
del secolo, l'affermazione dello stato-nazione; e collegare i mutamenti
radicali prodotti dall'industrialismo alla seconda rivoluzione industriale
(cioè tra fine Ottocento e inizio Novecento), non certo alla prima, che
rimane un fenomeno trascurabile fuori dall’Inghilterra. Se poi misuriamo
questi mutamenti sulla scala della storia planetaria e in termini di
mutamenti delle condizioni e dei modi di vita, abbiamo visto che Hobsbawm
colloca la grande svolta (paragonabile alla rivoluzione neolitica) nel
terzo quarto del nostro secolo. Ancora più logora è la tradizionale
immagine dell'Ottocento sul versante socio-politico, viziata da una
indebita continuità che si è soliti stabilire tra liberalismo e
democrazia. Al riguardo, mi sembrano tutt'ora esemplari le pagine nelle
quali Barraclough afferma la radicale discontinuità tra il sistema
liberale ottocentesco, imperniato su parlamenti composti di esigue élites
di "eguali" (paragonabili agli omoioi delle antiche
poleis greche), e le moderne democrazie di massa, basate sul suffragio
universale e quindi sui partiti di massa e su reali e profondi conflitti
di interessi (secondo Barraclough, tale differenza è da considerare più
rilevante di quella, presente nelle società di massa, tra sistemi
pluripartitici e sistemi monopartitici, ovvero tra democrazie occidentali
e sistemi socialisti). Emerge dunque un Ottocento assai meno
"contemporaneo" dell'immagine che tradizionalmente ne abbiamo:
immagine che, se ci pensiamo, è ancora la stessa che quel secolo aveva di
sé e che come tale ci ha trasmesso.
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