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LA STORIA DEGLI ACCADEMICI E
LA STORIA A SCUOLA: DUE LINGUE DIVERSE...
Infatti, secondo me, un
curricolo delle superiori dovrebbe essere composto da un numero limitato
di unità didattiche (4 o 5), su altrettanti nuclei di contenuti; da un
certo numero di pratiche operative tra un'Unità Didattica e l'altra, e da
una serie di altre attività che concernono l'acquisizione di strumenti
inerenti il tempo, i documenti, la capacità di problematizzare. Di queste
attività parlerò dopo. Diciamo intanto che l'asse portante dovrebbe
essere l'insieme di questi 4 o 5 contenuti: con quali criteri sceglierli?
Su questo ho l'esperienza del lavoro nella
Commissione Brocca di cui faccio parte dal 199O. Da allora la commissione
non è ancora riuscita a licenziare il programma definitivo di storia,
perché quello che è uscito, e che forse qualcuno di voi segue, non è
ancora soddisfacente. Perciò abbiamo continuato a riunirci e a litigare
per cinque anni senza risultati: da una parte c'erano gli storici (Villari,
Arnaldi, insomma i grandi della consulta degli storici), dall'altra i
didattici, cioè io e un paio di insegnanti. II ragionamento che fanno gli
storici è il seguente: la storia è fatta di queste cose... tra cui ci
sono questi aspetti imprescindibili: allora, se vuoi sapere la storia,
sono questi che devi imparare. Questo però è un ragionamento giusto,
dico io, se vuoi fare lo storico. Invece il ragionamento che fa, o che
secondo me dovrebbe fare il docente, è un altro, poiché egli si trova di
fronte un ragazzo che non deve fare lo storico, bensì imparare ad
utilizzare le conoscenze storiche per arrangiarsi nel mondo contemporaneo,
cioè per vivere nel suo mondo. Quindi io insegnante alla storia chiederò
certo delle cose vere, profonde, importanti sul piano storico, ma: 1) non
ho interesse a chiedere tutte le cose importanti della storia; 2) mi
interessa chiedere quelle cose che sono importanti in questo momento. Ecco
perché il programma dovrebbe cambiare rapidamente: non c'è nulla di così
deperibile come la didattica perché le cose importanti per l'attuale
generazione di studenti sono diverse da quelle della generazione di
quattro anni fa. Per il momento, i paesi attestati su questa impostazione
sono Francia e Germania, che cambiano continuamente i programmi proprio
perché hanno il polso di questi cambiamenti vorticosi delle generazioni
che si succedono. L'Italia è il caso opposto: visto che i programmi di
storia attualmente in vigore risalgono al 1960, si può supporre che se li
si rifà adesso, dureranno altri quarant'anni, per cui gli storici che
fanno i programmi tendono a pensare all'eternità. Accade così che noi
cerchiamo alcune cose (quelle 4 o 5 di cui dicevo prima) mentre loro, gli
storici, ne scelgono altre.
Ma c'è un'altra questione che ci divide:
supponiamo di avere deciso che uno degli oggetti importanti sia, ad
esempio, la seconda guerra mondiale. Bene, voi sapete che, dal punto di
vista didattico, non si è ancora detto niente, perché bisogna indicare
ad esempio a quale livello di profondità, da quale prospettiva affrontare
la 2a Guerra Mondiale.
E qui si è rotta definitivamente la Commissione
Brocca, perché gli storici hanno accettato di fare 4 o 5 argomenti
l'anno, ma quando siamo andati a definirne il grado di analiticità, io
proponevo di indicare solo le coordinate generali, e al suo interno una
serie di temi che il docente sceglierà e combinerà come vuole, come
riesce. Invece, dall'altra parte, gli storici dicevano: no, la 2a Guerra
Mondiale è questa... e partivano con un lungo elenco di sotto-contenuti.
II risultato era che il programma Brocca nella sua ultima versione aveva
una somma di 200 contenuti per anno, che per 5 anni fanno 1000 contenuti
(come, ad esempio, il patto di Monaco). Se si seguisse questa indicazione,
un insegnante dovrebbe passare l'intero anno a spiegare, al ritmo di tre
contenuti all'ora. Questo mio ragionamento, che vedo incontra il vostro
consenso, in Commissione veniva ripudiato, perché i professori
universitari non hanno affatto l'idea che questo sia un problema. Dicevano
infatti: ma no, basta accennare e poi passare avanti... Ciò che non
capisce il professore universitario - e che forse ha difficoltà a capire
anche una larga parte dei docenti della scuola media - è che questo
"accennare e passare avanti" ha senso per chi la storia la sa già,
non per chi la storia deve impararla. Gli studenti, invece, percepiscono
inequivocabilmente ciò che è trattato in fretta come qualcosa che non ha
importanza, di cui non ha senso occuparsi.
Non a caso, da varie rilevazioni statistiche
sappiamo che la storia, tra le varie discipline, non è né
particolarmente amata, né particolarmente odiata, diciamo che è
indifferente. E qui si apre la contraddizione tra una classe di adulti, e
al suo interno una classe politica, che si strappa i capelli
sull'importanza vitale della storia, e i giovani che sono sostanziale
indifferenti di fronte alla storia e alla sua supposta importanza. Per
questo è giusta ed è vitale la decisione collettiva di migliaia di
vostri colleghi, e penso anche vostra, di dire: no, con i ragazzi adulti,
all'ultima occasione che abbiamo per appassionarli a questa disciplina,
per farne loro capire il senso, o ci fermiamo e discutiamo, oppure, se
continuiamo a sfogliare il dizionario della storia, raccontando i fatti e
magari facendo le prediche agli studenti perché non lo considerano
importanti, ci condanniamo a perdere la battaglia dell'apprendimento.
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