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LE SCUOLE E GLI EBREI (*)
di Piero Morpurgo 

Soluzioni..... al problema ebraico

Martin Lutero (1483-1546) arrivò a suggerire alcuni ‘consigli salutari per estirpare la dottrina blasfema dei Giudei’: ...prima di tutto... è cosa utile bruciare tutte le loro Sinagoghe... in secondo luogo, siano distrutte e devastate anche le loro case private... in terzo luogo, siano privati di tutti i libri di preghiere e i testi talmudici, nei quali si insegnano idolatrie, menzogne, stupidaggini... in quarto luogo, sia tolto ai Rabbini, sotto pena di morte, il compito di insegnare. Si trattò di un messaggio inquietante che, nel negare l’apporto della cultura ebraica alla società europea, faceva intuire orribili tentazioni.

Non tutti erano convinti di quei suggerimenti.

Intorno al 1507 un ebreo convertito, indotto dai Domenicani di Colonia, cominciò a diffondere libelli in cui si accusava la letteratura ebraica di insultare la fede cristiana. L’azione di Johannes Pfefferkorn riuscì a sollevare dinanzi alla corte presieduta dall’ imperatore Massimiliano I che promulgò un decreto di confisca dei libri ebraici per poter accertare la veridicità delle accuse. Il decreto fu sospeso dopo i primi sequestri; tuttavia l’imperatore chiese a Jakob van Hoogstraeten, Grande Inquisitore di Colonia, e a Johannes Reuchlin (1455-1522) di redarre un parere legale.

Sulla base dunque del diritto canonico Reuchlin concludeva che: "Noi non dobbiamo bruciare i libri degli Ebrei e che mediante argomenti logici noi dobbiamo convincerli con la gentilezza e l’amabilità della persuasione, e con l’aiuto di Dio, ad accettare la nostra fede".

Eppure il Medioevo e l’Umanesimo avevano visto un’interessante unità d’intenti tra tra i filosofi ebrei e quanti inseguivano l’ideale del Principe sapiente.

Fu proprio nel sec. XIII che si realizzò all’interno della Magna Curia quel vincolo che legava indissolubilmente i fondamenti dell’autorità politica e l’ attività di studio e di osservazione delle regole della natura: fu questo principio una preoccupazione costante dell’ imperatore Federico II che -a tal fine- non trascurò di dedicarsi all’esegesi di un testo di estremo rilievo per assicurare prestigio alla sovranità: la Guida dei Perplessi di Maimonide.

Questa impostazione che tendeva a voler conciliare armoniosamente le leggi della Natura e quelle dello Stato si ritroverà in Jean Bodin (1529-1596) che, non a caso, si avvarrà della lettura delle opere di Abraham Ibn Ezra e di Maimonide. Infatti nei Sei libri dello Stato è possibile rintracciare l’eredità di un pensiero medievale che esemplò sui modelli della Natura una teoria dell’ordine dello Stato.

Inoltre in Bodin v’è coincidenza tra il passo della Guida dei Perplessi che loda la prudenza della lentezza dei processi della Natura evidenziata sia dal graduale sviluppo del cervello sia dal progressivo adattarsi dei piccoli mamiferi ai cibi solidi. Questo ritmo, che procede adagio, per Maimonide è da adottarsi anche per ciò che concerne l’ affermazione della Legge; questa cautela si rendeva necessaria poichè "essendo impossibile passare improvvisamente da un estremo ad un altro è altrettanto impossibile -per la natura dell’uomo- affrontare un radicale mutamento di tutto ciò a cui era stato abituato".

Analogamente Bodin non solo ripercorre il filo della Lettera sull’astrologia di Maimonide; ma prendendo ad esempio i meccanismi della Natura, noti attraverso la scienza medica, invita a non introdurre con violenza novità e cambiamenti delle consuetudini. Infatti "la natura degli uomini e delle cose umane è straordinariamente labile, e scivola a precipizio di continuo dal bene al male... è necessario, quando ciò si verifiche, che si facciano nuove ordinanze; tuttavia ciò si deve fare con gradualità e non tutto in una volta...".

Le fonti di Bodin mostrano con evidenza la rilevanza del pensiero politico di Maimonide e di Abraham ibn Ezra; quest’ultimo nel suo Commentario all’Ecclesiaste sottolineò la necessità che la forza del sapere s’incontrasse con l’autorità del sovrano. Proprio Bodin giunse ad esaltare gli ebrei come i migliori interpreti sia degli eventi naturali sia di quelli divini; d’altronde -affermava Bodin- se la verità scientifica si afferma attraverso il ragionamento e l’esperienza non si può sottovalutare come il linguaggio e il metodo degli ebrei sia quello che indica la possibilità di avvicinarsi alla verità.

Non si può dunque trascurare qui che il pensiero politico di Bodin si sviluppò in conseguenza di una storia del pensiero politico medievale che discusse animatamente la filosofia ebraica. Tra i centri animatori di questo singolare intreccio di filosofia-politica e religione vi fu il Regno di Sicilia che divenne il tramite di influenze ebraiche sulle correnti politiche medievali. Fu proprio Bodin ad affermare come nelle Pandette degli ebrei (Talmud) non c’è che la corte dei senatori o dei saggi, da essi chiamati hacamim, che possa giudicare in base ad equità".

D’altronde lo stesso Maimonide aveva scritto che "poichè le punizioni e i giudizi sono evidentemente indispensabili sarà necessario nominare giudici per tutte le città del paese, occorrerà ascoltare i testimoni e che vi sia un re di cui tutti abbiano timore e rispetto e che sia in grado di controllare la popolazione con vari mezzi e che possa rafforzare e sostenere l’autorità dei giudici". Non diversamente Federico II esaltò la sua corte come organo supremo di giustizia che attingendo alla tradizione antica innova il diritto introducendo de gremio nature tutto ciò che si rende necessario a coltivare le virtù.

La tradizione ebraica che esaltava il sovrano sapiente guardava alla saggezza del re Salomone, poeta e scienziato (1 Re 5, 9-14); si trattava di un indirizzo profondamente radicato nel pensiero medievale e moderno che fu particolarmente esaltato dal pensiero ebraico. Esemplare a questo proposito è l’opera di Yohanan ben Yishaq Alemanno (1435-1504 ca.) che non solo sottolinea come il giovane destinato alla perfezione debba studiare

Inoltre esalta Lorenzo de’ Medici e le virtù dei fiorentini che "sono tutti amanti della saggezza, ciò che costituisce la base del governo di uno Stato: dalla saggezza essi attingono i princìpi per fondare le loro leggi e il loro diritto, entrambi basati sulla scienza, sul senno, sulla conoscenza e su ogni arte" .

 

(*) Tratto dal libro, Le Scuole e gli Ebrei di Piero Morpurgo, di prossima pubblicazione. L'articolo è stato pubblicato su Educazione e scuola alla pagina http://www.edscuola.com/archivio/didattica/scuolebrei.html

 

  

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