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LE SCUOLE E GLI EBREI (*)
di Piero Morpurgo 

Circolari e divieti

Tutto il mondo della scuola -tra il 1926 e il 1929- si trovò sottoposto a un diluvio di circolari ‘riservatissime’ che ingiungevano al Regio Provveditorato Veneto di controllare e segnalare gli ‘apostati’, i non credenti, e quanti erano attratti dalla "Sezione Italiana dei Diritti dell’Uomo". Non vi può essere dubbio sul fatto che il fascismo perseguì sin dagli esordi una politica razzista enfatizzata già dai discorsi di Mussolini nel 1921 e nel 1927 e dai provvedimenti discriminatori ‘contro il celibato’ presi nel 1926, nel 1927 e nel 1929, nonché dai titoli X e XI del Codice Rocco del 1930 che punivano ‘i delitti contro la integrità e la sanità della stirpe’.

Il 1923 aveva visto anche l’approvazione dell’insegnamento obbligatorio della religione cattolica nelle scuole italiane; il provvedimento aveva destato profondo sconcerto tra gli ebrei italiani ed era stato poi integrato da un regio decreto del 26 aprile 1928 che affidava ai direttori delle scuole la potestà di verificare se chi rifiutava quell’insegnamento lo facesse spinto da profondità di intenti morali.

L’intromissione nella vita privata dei cittadini era del tutto evidente e lasciò increduli quanti avevano interpretato diversamente gli ideali del Risorgimento; tuttavia ancor più sconcertante fu il discorso pronunziato da Benedetto Croce in occasione dell’istituzione dell’insegnamento della religione. Allora il filosofo dichiarò di votare a favore perché gli italiani avevano bisogno di una formazione morale che ‘in quel momento’ poteva avvenire anche attraverso la religione cattolica che avrebbe insegnato a non compiere errori come si raccontava avesse fatto Garibaldi quando nominò cappellano militare un ebreo di nome Sacerdote che gli si era rivolto per avere un posto di lavoro.

Le ‘diversità’ religiose erano controllate e discriminate: con il Regio Decreto n. 289 del 28 febbraio 1930 si disponeva che l’esercizio dei culti ammessi nel Regno doveva essere autorizzato dal Ministero della Giustizia e dell’Interno; questa norma illiberale fu dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale solo (!) con la sentenza n. 59 del 18-24 novembre del 1958. In verità lo stesso Regio Decreto ereditava anche quella norma di derivazione (art. 289) austriaca per cui si sarebbe potuto organizzare all’interno delle scuole pubbliche l’insegnamento di ‘un culto diverso dalla religione di Stato’ previa autorizzazione diretta del Provveditore agli Studi il quale può agire di concerto con i ministeri della Pubblica Istruzione, della Giustizia e dell’Interno. Il testo è vigente.

Nel frattempo, prima in Italia e poi in Germania, gli istituti scientifici erano stati tutti indirizzati verso una politica apertamente razzista: l’Istituto Italiano di Statistica varò sin dal 1926 un programma di ‘controllo della razza’; del resto simili intenti erano stati annunciati nel 1925 con l’istituzione dell’ Opera Nazionale Maternità e Infanzia. In proposito non possono sussistere dubbi; infatti Lomonaco-Aprile, nel commentare la legge del 10 dicembre 1925 (n. 2277) poi rivista nel provvedimento del 13 aprile 1933 (n. 298), affermò che gli indirizzi italiani erano ben diversi dai provvedimenti assistenzialisti inglesi e francesi giacché l’ ONMI "è un organismo politico informato ad un concetto sintetico di miglioramento e difesa della razza".

Alla fondazione dell’ ISTAT seguì quella dell’IRI. Questo istituto avrebbe dovuto promuovere l’industria italiana; tuttavia -a dispetto di quanti credono oggi di ravvisare nelle scelte economiche di Mussolini elementi di ‘modernità’- questo organismo ebbe il compito di controllare il mercato finanziario italiano e soprattutto di impossessarsi e di sottoporre a censura l’editoria: l’intento era quello non solo di controllare una possibile fonte di dissenso, ma anche quello di trarre un profitto economico per la dittatura. Del resto le malversazioni economiche del regime fascista erano state già denunciate da Giacomo Matteotti il 6 giugno 1923 in un discorso alla Camera dei Deputati.

L’organizzazione del consenso fu fonte di notevoli guadagni per l’organizzazione del fascismo. Basti pensare all’operazione di controllo dei sillabari e delle antologie in uso nelle scuole elementari e medie che -dal 1925- vide un incremento costante delle esaltazioni delle azioni del regime e della glorificazione del duce. S’aggiunga inoltre che -dal 1926- l’insegnamento dell’educazione fisica fu assegnata all’ Opera Nazionale Balilla e che -tra il 1935 e il 1937- tutti i bambini furono inquadrati secondo dchemi militari nelle organizzazioni dei Figli della Lupa (6-8 anni), dei Balilla (8-12 anni) e negli Avanguardisti (12-18 anni). Tutte queste strutture vennero poi assorbite -nel 1937- dalla Gioventù Italiana del Littorio direttamente dipendente dal Partito fascista. L’opera di controllo delle coscienze delle giovani generazioni era finalizzata non solo al rafforzamento del regime, ma anche al consolidamento economico di una dittatura che nello stabilire che vi dovesse essere un ‘libro unico’ per le scuole elementari (legge 7 gennaio 1929, n. 5) realizzava considerevoli entrate. L’operazione di controllo dell’educazione è esplicita. Nel 1934 si dichiarò: "La scuola italiana in tutti i suoi gradi e i suoi insegnamenti si ispiri alle idealità del Fascismo, educhi la gioventù italiana a comprendere il fascismo, a nobilitarsi nel fascismo, a vivere nel clima storico creato dalla Rivoluzione fascista"

Inoltre occorre sottolineare che i movimenti per l’emancipazione dei diritti civili degli ebrei sono sempre coincisi con la richiesta di maggiori diritti sociali per l’insieme di tutti i cittadini; pertanto l’affermarsi di una società fondata sul totalitarismo e sulla persecuzione delle minoranze comporta generalmente l’esplosione della propaganda contro la cultura ebraica e la modifica in senso autoritario dei programmi di insegnamento di tutte le scuole.

C’è una costante su cui si innestano i fenomeni antiebraici come del resto tutti i processi del totalitarismo: questa costante è data dall’odio espresso da ogni integralismo verso il mondo della scuola. Si può intendere anche così la genesi dell’ostilità verso tutto quel mondo ebraico che ha sempre assegnato grande rilevanza al sapere, agli studi e alla necessità di leggere.

Dall’ Antichità, al Medioevo, al ‘900 la scolarizzazione di massa è stata sempre guardata con diffidenza giacché la scuola -ricordava Don Lorenzo Milani- può essere un ‘male’ perché può aprire le menti all’impegno nei partiti e nei sindacati giacché lo studio permette di comprendere e difendere i propri diritti.

Non fu quindi un caso che -in Italia innanzitutto- i primi provvedimenti anti-ebraici furono adottati proprio per la "difesa della razza nella scuola" e non fu un caso che in Polonia dinanzi alle persecuzioni si reagì istituendo un gran numero di scuole clandestine.

 

(*) Tratto dal libro, Le Scuole e gli Ebrei di Piero Morpurgo, di prossima pubblicazione. L'articolo è stato pubblicato su Educazione e scuola alla pagina http://www.edscuola.com/archivio/didattica/scuolebrei.html

 

  

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