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LE SCUOLE E GLI EBREI (*)
di Piero Morpurgo 

Asili nido e scuole del popolo

Per gli ebrei la scuola è sempre stata fondamento di vita, momento di trasmissione della memoria, organizzazione del confronto pacifico; anche per questo la lettura ha costantamente rappresentato la possibilità di discutere e di criticare; e fu anche per questo spirito che, quando -nel 1933- la famiglia di Anna Frank fu obbligata a emigrare da Francoforte in Olanda, la bimba fu iscritta alle scuole Montessori; infatti quello spirito educativo era improntato al rispetto della ‘libertà’ del bambino e di ogni confessione religiosa. E proprio l’ebreo Leopoldo Franchetti (1847-1917) aveva appoggiato finanziariamente l’istituzione delle scuole Montessori in Italia.

Questo accadeva quando l’Italia stava tentando faticosamente di trasformare il sistema scolastico, ma il fascismo interruppe drasticamente un’opera di diffusione della cultura che aveva avuto il sostegno partecipe di famiglie ebraiche come quelle dei Franchetti, degli Orvieto, di Pellegrino Rosselli e di Domenico Comparetti nonché delle organizzazioni israelitiche. Quegli obiettivi educativi si tradussero nell’attivo sostegno delle Scuole del Popolo volute -nel 1867- da Pietro Dazzi.

Si trattò di indirizzi di una politica scolastica che sono stati spesso fraintesi da una storiografia che ha accusato uomini come Salvemini di essersi schierati per una politica scolastica che dividesse i ‘ricchi’ dai ‘poveri’; in realtà non è stato analizzato a sufficienza il progetto complessivo di un mondo culturale che mirava a costruire un’Italia effettivamente unita.

Di grande efficacia e -oggi- di estrema attualità fu il discorso del senatore Barsanti a favore degli asili nido (noti come ‘presepi’): "Avviene sovente che sia vietato alle madri di darsi ad un utile lavoro per la necessità di non abbandonare a sè stessa la prole che per la troppo tenera età le scuole e gli Asili non possono accogliere ancora"; la scuola per Barsanti era il mezzo per istituire la fraternità tra le classi sociali, era il luogo dove tutti i fanciulli debbono imparare ad apprendere ad emendare gli errori dei dirigenti affinché si possa "avviare la società verso un crescente benessere".

Pochi anni prima -nel 1843- il sacerdote Ferrante Aporti aveva descritto i diversi tipi di istituzioni infantili soffermandosi con entusiasmo sulla generosità degli israeliti di Livorno che costruirono "con private elargizioni un ampio e bellissimo edifizio consacrato interamente all’istruzione primaria" che comprendeva spazi particolari per quei fanciulli poveri che superata l’età di sei anni avevano diritto a frequentare gli ‘asili’ e gli studi superiori con il sostegno della comunità israelitica tanto che gli ebrei erano ammirati "dai cristiani più illuminati".

Questi indirizzi erano fortemente sostenuti dalle società per la diffusione del mutuo insegnamento e già nel 1827 Aporti aveva inaugurato a Cremona una scuola infantile a pagamento riconosciuta dal governo austriaco nel 1829 e affiancata da una scuola gratuita aperta nel 1831. Le nuove istituzioni hanno come punto di riferimento i precedenti storici dati: dal Réglement pour les enfants de Port Royal di Jacqueline Pascal (1657), dall’attività dell’Università Israelitica di Firenze (1753), dalle iniziative della marchesa Pastoret di Parigi (1800) e della principessa Lippe-Detmolt a Berlino.

Nonostante che spesso l’Aporti sia stato giudicato un conservatore bisogna tener presente che l’istituzione degli asili infantili fu vista con molto sospetto dalla Chiesa di Roma anche perchè le società di promozione di queste istituzioni erano animate da protestanti e da ebrei. Si arrivò persino a una sentenza dell’Inquisizione che -nel 1837- condannava queste iniziative pronunciandosi contro "chi tentava di introdurre negli Stati Pontifici le cosiddette scuole infantili o Sale d’Asilo per l’Infanzia d’ambi i sessi". Allora ci si preoccupava perché "s’erano già stampati e distribuiti libri di piccola mole, nei quali v’erano i regolamenti per le medesime non contenenti quello spirito veramente cattolico che deve presiedere alla formazione della mente..."; pertanto gli "Eminentissimi Inquisitori... hanno giudicato cosa piena di pericoli, per non dire di peggio, l’ammettere nello stato Pontificio la introduzione di siffatte scuole infantili e quindi hanno stimato di doverle proibire... il quale giudizio è stato pienamente approvato da Sua Santità".

Tra gli obiettivi v’era l’asilo pisano istituito nel 1833 dalla protestante Matilde Calandrini (1794-1866) che, nel 1845, fu costretta dal vescovo di Pisa a sospendere ogni sua attività perché le sue teorie didattiche erano pericolose per la morale della popolazione e soprattutto perché la signora attirava maestre e insegnanti per proporrre loro corsi di aggiornamento serali. Sulla spinta pedagogica del protestante Ernesto Mayer (poi incarcerato a Castel Sant’Angelo) furono organizzate istituzioni scolastiche innovative quali l’ Orfanotrofio tecnologico di Prato voluto -nel 1837- dall’ex operaio Gaetano Magnolfi per far in modo che si formassero "fabbri, tessitori, falegnami, artefici fatti, teste che ragionano e mani che producono.."; fu Isidoro Del Lungo (1842-1927) a commemorare il benefattore di Prato e fu un discorso che già nel 1898 -anno della crisi franco britannica e del caso Dreyfus- che si chiuse invocando "la pace, oggi, in nome del dovere e del diritto, del lavoro e della carità; ... la pace, che renda ai campi le braccia dei lavoratori, che i trovati della scienza volga a istrumenti non di distruzione e d’immiserimento, ma di produzione e di popolare agiatezza, di universali commerci, di trionfali esplorazioni per entro a’ misteri non ancora rivelati della natura.

L’entusiasmo per l’organizzazione di nuove scuole portò in Italia alla fondazione della Guida dell’ Educatore fondata da Raffaello Lambruschini nel novembre 1835 che curiosamente da sacerdote e da antipositivista teorizzava già la necessità come la libertà d’insegnamento fosse il rimedio più sicuro contro il deteriorarsi della scuola sia pubblica sia privata. Inoltre il Lambruschini polemizza contro chi esalta la bontà dei tempi antichi screditando le nuove istituzioni educative e filantropiche: non è vero che asili e scuole d’infanzia siano il segno del deteriorarsi della società. Infatti se è vero che la scuola infantile è nata per garantire alle madri la possibilità di lavorare è anche vero che questo impegno delle donne è un’indicazione di un uso intelligente delle forze umane. Del resto non è vero che la scuola distrugga la famiglia, bensì la rafforza cementandola con l’amore del municipio, l’amore della nazione, l’amore dell’umanità e ciò il Lambruschini lo sosteneva esaltando le scuole fiorentine in contraddittorio con il Capponi che vedeva nella scuola un motivo di dissoluzione nazionale e sociale

Tuttavia le ostilità erano fortissime e investivano l’intero orientamento della società civile europea. Tra i tenaci oppositori del rinnovamento vi fu Louis Veuillot che esaltando il governo di papa Gregorio XVI difese la Roma papale nel volume Le parfum de Rome che contrappose all’ altro volume dedicato agli Odeurs de Paris: nella capitale francese si trovano tutti i segni del progresso scientifico e tutte quelle possibilità che rendono l’uomo protagonista della società; ma tutto ciò avrebbe creato -per Veuillot- una rete di interessi e di ambizioni che era in grado di distogliere l’uomo dalle sue riflessioni interiori. Questi vizi non esistono nella Roma papale ove non esiste la febbre economica moderna fatta di ferrovie, industrie, dinamismo intellettuale; infatti la legge divina non impone all’uomo di cercare le ricchezze, gli agi o la sapienza, ma anzitutto di salvare l’anima.

In questo contesto l’istituzione delle scuole pubbliche e laiche incontrò nello stato unitario italiano moltissime difficoltà. Esemplare è -nel 1876- l’azione legale di Augusto Franchetti (1840-1905) che, rappresentando il Municipio di San Niccolò (Arezzo), contestò al demanio la requisizione di una scuola popolare. Era accaduto che la signora Lucrezia Tommasi aveva lasciato -nel 1799- tutti i suoi beni affinché si costruisse una scuola e aveva nominato esecutore testamentario il vescovo di Fiesole. La scuola fu requisita dal demanio perché ritenuta soggetta alla legge del 1866 che disponeva l’incameramento dei beni ecclesiastici. Tuttavia Franchetti esibì i documenti del Governo Granducale che attestavano l’indole laica del legato e che era caratteristica della politica di Leopoldo I di "istabilire case di educazione ... che siano laiche". In ogni caso la legge del 1866 era stata intesa per " al mantenimento e al miglioramento e non già alla distruzione di ciò che può diffondere l’educazione popolare"; del resto -nel 1866- il Consiglio di Stato aveva riconosciuto al comune di Assisi il diritto ad amministrare le scuole popolari ===

Dal suo canto -nel 1905- Desiderio Pazzagli, direttore delle scuole popolari, teorizzava la necessità di una estesa scolarizzazione per combattere l’oscurantismo. Appaiono così mal motivate le tesi che individuano in questi orientamenti un eccesso di ‘paternalismo borghese’ che fondava le scuole popolari per rispondere alle esigenze del mercato. L’affermazione sembra non tener conto che l’ Italia -nel 1861- presentava un analfabetismo pari al 74,6% dell’intera popolazione mentre all’interno della componente ebraica questo dato si riduceva solo al 5,8%; poi nel 1927 non si registrò alcun analfabeta tra gli ebrei italiani a fronte di una percentuale del 27% tra i cittadini del Regno d’Italia.

Il fenomeno dell’analfabetismo degli italiani è impressionante e appare derivare come osserva Armando Petrucci da quelle resistenze della Chiesa che si svilupparono contro l’idea di un’istruzione di massa che avveniva in nome di uno Stato laico.

(*) Tratto dal libro, Le Scuole e gli Ebrei di Piero Morpurgo, di prossima pubblicazione. L'articolo è stato pubblicato su Educazione e scuola alla pagina http://www.edscuola.com/archivio/didattica/scuolebrei.html

 

  

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