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LE SCUOLE E GLI EBREI (*)
di Piero Morpurgo 

Interdizioni e diritti

Il mecenatismo culturale dei granduchi di Toscana continuò anche quando, dopo il 1492, molti ebrei espulsi dalla Spagna ripararono in Italia. L’editto di Ferdinando e Isabella di Castiglia accusava tra l’altro gli ebrei di attirare i cristiani invitandoli alla lettura offrendo anche ai bambini i libri della loro fede. Difatti in molti atti inquisitoriali si accusano gli ebrei di leggere; così una testimonianza riferisce di un ebreo che leggeva un libro a una donna e alla figlia che lo ascoltavano sedute accanto a lui. E che la lettura fosse pericolosa emerge anche dagli atti di pentimento dove si ammette : "dichiaro di essere colpevole per aver letto e aver sentito leggere da un libro delle Leggi di Mosé".

Nonostante il proclama del re di Spagna e la crescente intolleranza europea il granduca Ferdinando -nel 1591- emanò lo statuto noto come Livornina. Il documento fu di estrema imprtanza per l’insediamento ebraico di Livorno; infatti garantiva agli ebrei: libertà di religione e di culto, libertà di movimento, autonomia amministrativa, tutele nei confronti dell’Inquisizione, la cittadinanza toscana. Fu così che la comunità sefardita di Livorno ebbe la possibilità di svilupparsi e di insediare una scuola riservata solo ai maschi. L’istituzione poteva contare su una rete di associazioni che fornivano: assistenza medica gratuita ai poveri e sostegno economico a studenti e maestri indigenti. L’impulso a sviluppare la diffusione del sapere fu reso ben evidente dalla fondazione -nel 1675- a Livorno di un’accademia letteraria che gli animatori ebrei chiamarono Los Sitibundos con l’esplicito intento di esaltare la sete del sapere che per gli accademici livornesi era rappresentata dal passo biblico: "O voi tutti che siete assetati vanite all’acqua (Isaia 55,1)". Nello studiare questa accademia Julia Liebermann ha messo in risalto un ‘discorso’ di José Penso de La Vega (1650 ca. -1692) che intendeva dimostrare come: a) il padre che non fa da maestro ai figli non è un vero padre; b) la madre che non allatta i figli non è una vera madre; c) il padre che fa anche da maestro ai figli è due volte padre; d) la madre che allatta i figli è due volte madre; e) ogni maestro è padre anche se non ha figli suoi; f) ogni balia che allatta è madre anche se non ha figli suoi.

E’ davvero importante l’analisi che fa Penso e che ribadisce una tradizione talmudica per cui i maestri erano tenuti nella più alta considerazione (vengono esaltate le figure di insegnanti come Mosè, Abramo, e Noè. Questa alta considerazione di chi insegna è ben esplicito; infatti se in genere il figlio è tenuto ad alzarsi in piedi quando entra suo padre, ma la regola si inverte se il figlio è un maestro (Babà Metzià 2,11).

 

(*) Tratto dal libro, Le Scuole e gli Ebrei di Piero Morpurgo, di prossima pubblicazione. L'articolo è stato pubblicato su Educazione e scuola alla pagina http://www.edscuola.com/archivio/didattica/scuolebrei.html

 

  

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